Un artigiano della panificazione, ma non solo, Franco Pepe è anche un imprenditore che si è distinto nel servizio alla comunità durante l’emergenza del coronavirus, tanto da essere insignito dell’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica dal presidente Sergio Mattarella. 

Ha chiuso il suo ristorante preparando pizze e biscotti per i poveri e gli anziani in difficoltà e organizzato una raccolta fondi per l’ospedale di Caserta. Un mestiere di famiglia, quello dei pizzaioli, che comincia quando Franco era un bambino nella bottega creata dal nonno, e arriva ai giorni nostri con la creazione di un brand “Pepe in grani” in grado di attrarre nella provincia casertana persona da tutto il mondo.

La pizzeria è ricavata da un palazzo del 1700 nel cuore di un paesino del casertano: un gioiellino da oltre 14mila visite al mese, tutti desiderosi di assaggiare quella che è stata definita dal Premio Pulizter Jonathan Gold la “pizza più buona del mondo”.

Pepe in grani, inoltre, è anche l’unica pizzeria italiana inclusa nella sezione Discovery della prestigiosa guida enogastronomica 50 Best. Franco Pepe racconta l’evoluzione di quello che è diventato un vero e proprio brand: “Sono partito con le mie idee, con i debiti in banca e con la forza dell’uomo e della sua artigianalità. Oggi ho 42 persone che lavorano nel vicolo di un paese di 5mila anime, dove 400 persone al giorno scelgono di mangiare la mia pizza, con tante presenze straniere, anche 12-13 nazionalità diverse per sera”.

Per arrivare a questi risultati occorreva però rivedere l’idea della pizzeria. “C’era un concetto derivante dagli anni ’70 e ’80 in cui il pizzaiolo faceva un po’ di tutto. Quando ho aperto ho deciso di fare un lavoro sul team per dare dignità alle persone. Ho fatto formazione. Così oggi c’è una cucina a supporto della pizzeria, e ho creato ruoli nuovi: c’è chi è addetto agli impasti, chi a raccontare le nostre pizze e c’è la figura del cuoco di pizzeria. Sono 14-15 persone a cui ho affidato compiti diversi e che tutti insieme fanno l’identità della mia pizzeria”.

Il valore più importante? La qualità. “Ho ascoltato molto il cliente, con l’intenzione di passare dal buono al sano. Se oggi si continua a parlare della mia pizza è perché c’è voglia di sperimentazione, di mettere in discussione la tradizione, di guardare con interesse all’innovazione uscendo dagli schemi. Voglio fare un percorso dove il mio lavoro è un atto di responsabilità, con un approccio salutistico”

Nel 2017 poi viene inaugurata la sala Authentica, luogo di incontro e di contatto diretto tra il pizzaiolo e i clienti. Definita la “pizzeria più piccola al mondo”, presenta un tavolo semicircolare con otto sedute che si incrocia con il banco di lavoro, che ha alle spalle un piccolo forno a legna e può avere molteplici funzioni: didattica, approfondimento, spazio di degustazione e confronto. 

La pizza di Pepe in grani: equilibrio tra gusto e nutrizione

Non è tutto: nel 2018 arriva anche il menù funzionale, che si pone l’obiettivo di sdoganare la pizza dall’idea di strappo alla regola alimentare. La pizza di Pepe è il giusto equilibrio tra i macronutrienti – carboidrati, proteine e lipidi – presenti nella pietanza, e la presenza di fibra alimentare.

E per avere il controllo totale sulle materie prime, Pepe ha avviato anche una sua produzione molitoria, con ZeroPepe, un piccolo mulino della Franciacorta.

La Margherita sbagliata è diventata un piatto iconico, nata per esaltare il pomodoro riccio di Caiazzo, ha ribaltato i ruoli gerarchici della consueta margherita. In forno vanno solo l’impasto e la mozzarella di bufala, che viene poi condita con riduzione di pomodoro a freddo e riduzione di basilico.

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