Anni di lavoro, sacrifici e una grande forza di volontà: da un’enorme passione derivano enormi scoperte, questo è ciò che è accaduto ai sei vincitori italiani del Premio Nobel per la Medicina. Grazie alle loro geniali intuizioni tanto è stato fatto e tanto ancora si può fare.

Da Golgi a Capecchi: storia dei medici italiani premi Nobel

Chi sono i grandi nomi della medicina italiana riconosciuti a livello internazionale? Scopriamo insieme le loro gesta!

Camillo Golgi, Premio Nobel per la Medicina nel 1906

Una sera del 1873, Camillo Golgi (Corteno, 1843 – Pavia, 1926), uno scienziato e medico italiano, proseguiva le sue ricerche come ogni sera a lume di candela nella cucina di un antico ospedale che ospitava poveri incurabili. Una gomitata rovesciò un becher pieno di una soluzione argentata su dei campioni di tessuto cerebrale di gufo.

Nonostante l’incidente, decise di non gettare via i campioni e dopo qualche settimana li mise sotto il microscopio. Sorprendentemente scoprì che l’argento aveva colorato il tessuto in modo utile: solo alcune delle cellule avevano assorbito la soluzione mostrando fibre e terminazioni.

Golgi la chiamò la “reazione nera” e riuscì così ad osservare nel dettagli i due tipi di cellule del sistema nervoso: i neuroni e la glia. In quell’occasione Camillo fece la scoperta che gli valse il premio Nobel per la medicina nel 1906 “in riconoscimento del lavoro svolto sulla struttura del sistema nervoso”: fu il primo a comprendere la vera forma dei neuroni.

Daniel Bovet, Premio Nobel per la Medicina nel 1957

Tante le scoperte e i progressi che dobbiamo a questo genio della medicina, Daniel Bovet (Neuchatel, 23 marzo 1907 – Roma, 8 aprile 1992) : a lui si devono la scoperta del principio attivo del sulfamide (il primo farmaco batteriostatico), la creazione degli antistaminici (i primi farmaci antiallergici), la sintesi dei curari artificiali, utilizzati su larga scala come anestetici. Fu anche uno dei padri della psicobiologia. 

Biochimico ed esperantista svizzero naturalizzato italiano, ottenne il Nobel nel 1957 “per le sue scoperte in relazione a composti sintetici che inibiscono l’azione di alcune sostanze dell’organismo, e soprattutto alla loro azione sul sistema vascolare e i muscoli scheletrici”.

Salvatore Luria, Premio Nobel per la Medicina nel 1969

Salvatore Luria (Torino, 13 agosto 1912 – Lexington, 6 febbraio 1991), è considerato un pioniere dello sviluppo della genetica moderna, vincitore del premio Nobel per la medicina e la fisiologia nel 1969 insieme a Max Delbruck e Alfred Hershey  “per le sue scoperte sul meccanismo di replicazione e la struttura genetica dei virus”. 

Il lavoro gettava luce su alcuni aspetti del meccanismo di base che permette agli esseri viventi di trasmettere i loro caratteri da una generazione all’altra, aprendo la strada alla moderna biologia molecolare. Riuscì a dimostrare che il virus è composto in larga parte di materiale genetico e che distrugge il batterio assumendo il controllo dei suoi geni.

Salvatore Luria

Salvatore Luria

Renato Dulbecco, Premio Nobel per la Medicina nel 1975

Quando si parla di Renato Dulbecco (Catanzaro, 22 febbraio 1914- La Jolla, 19 febbraio 2012) si parla di un uomo simbolo della medicina italina, che è riuscito a segnare la via per gli studi della genetica dei tumori. Biologo e medico, viene insignito del premio Nobel per la medicina nel 1975 “per le sue scoperte concernenti le interazioni fra virus tumorali e il materiale genetico della cellula”.

Dulbecco è riuscito a spiegare gli oncovirus, i virus che, inserendo il loro genoma nei cromosomi delle cellule che infettano, le rendono tumorali. Ma non si era fermato a questo: successivamente si era concentrato sull’origine e sulla progressione del tumore del seno, iniziando a lavorare alla caratterizzazione delle cellule tumorali, usando anticorpi monoclonali, cioè capaci di identificare selettivamente le cellule grazie a recettori chimici presenti in superficie.

Renato Dulbecco

Renato Dulbecco

Rita Levi-Montalcini, Premio Nobel per la Medicina nel 1986

Rita Levi-Montalcini (Torino, 22 aprile 1909 – Roma, 30 dicembre 2012). Una donna italiana tra le donne italiane che hanno fatto la Storia, insignita del massimo riconoscimento in fatto di medicina “per le sue scoperte e l’individuazione di fattori di crescita cellulare”.

Quando nel 1986 ricevette la telefonata che le annunciava il premio, la neurobiologa stava leggendo un libro di Agatha Christie’s, Evil under the Sun. «Nel momento in cui stavo scoprendo l’assassino, mi hanno comunicato l’assegnazione del Nobel – raccontava. E sulla penultima pagina di quel libro è scritto“la chiamata da Stoccolma” e l’ora. 

La Levi-Montalcini ha vinto il premio Nobel grazie alla scoperta di una sostanza essenziale per la sopravvivenza delle cellule nervose: il nerve growth factor (Ngf). Questa scoperta aprì la strada a numerose applicazioni nel settore dell’oculistica. Questa proteina, sotto forma di collirio, può aiutare a ripristinare i normali processi di guarigione dell’occhio e a riparare il danno della cornea. In un futuro non troppo lontano la stessa molecola potrà essere somministrata durante le prime fasi dell’Alzheimer per ridurre o bloccare l’evoluzione della patologia.

Rita Levi Montalcini

Rita Levi Montalcini

Mario Renato Capecchi, Premio Nobel per la Medicina nel 2007

Una vita piena di colpi di scena, quella di Mario Renato Capecchi (Verona, 6 ottobre 1937), dall’affidamento presso una famiglia sudtirolese a vagabondo, da tesista di James Watson a Nobel per la medicina nel 2007. Il genetista italiano naturalizzato statunitense, viene premiato “per le sue scoperte del principio per introdurre specifici geni nei topi tramite cellule staminali embrionali”.

Il “gene targeting” è una tecnica che fa uso di cellule staminali per spegnere i geni di un organismo come fossero interruttori. Si può quindi cancellare in maniera precisa e selettiva un gene o inserire in esso piccole mutazioni per vedere qual è la sua funzione e studiare molte malattie come diabete e cancro.

mario capecchi

Mario Renato Capecchi

Talento? Indubbiamente. Fortuna? Un pizzico. Perseveranza e coraggio? Indispensabili. Dietro i nobel italiani per la Medicina, però, c’è soprattutto uno stimolo fondamentale, quello della Speranza. L’incredibile capacità di credere che quello che si sta studiando cambierà il mondo e proteggerà la Vita. E quelli che ci hanno creduto davvero, ci sono riusciti.