Non esiste Napoli senza la sua musica. Le note e i testi della tradizione classica partenopea raccontano molto di più dei libri di storia a proposito della capitale del Sud Italia. La musica napoletana è un vero e proprio patrimonio, da custodire e tramandare con attenzione, in un’epoca farcita di musica che non ha colore. Da Luna Rossa a Anema e Core, passando per O Sarracin e le tante belle canzoni napoletane più conosciute, quello che si compone davanti agli occhi e soprattutto nelle orecchie è un racconto, d’amore, prima di tutto, di passione per la propria terra, di aspirazione alla libertà e di forti sentimenti. Più dello splendido panorama, più della tradizione culinaria, più dell’arte nascosta in ogni vicolo, a raccontare Napoli, è la musica classica napoletana

Le più belle canzoni napoletane classiche 

Difficile stilare una classifica definitiva della canzone napoletana. A fare grande il nome di Napoli e conseguentemente dell’Italia nel mondo, sono stati diversi interpreti partenopei. Alcuni, come Renato Carosone e Roberto Murolo, ci hanno lasciato in eredità dei veri e propri gioielli, che risuonano ancora oggi nei vari angoli del globo. Un viaggio tra musica e poesia, attraverso le canzoni napoletane famose.

1. O’ Sole Mio

“Ma n’atu sole, cchiù bello, oje ne’. ‘O sole mio sta ‘nfronte a te!”

La regina delle canzoni classiche napoletane, conosciuta praticamente da tutti e da tutti intonata, almeno una volta nella vita. Famosa anche nello spazio, grazie a Yuri Gagarin, che passava il tempo a cantarla e galleggiare nelle galassia. La canzone che rappresenta Napoli più di tutte le altre è nata in Ucraina da mano napoletana. Nel 1899 Eduardo Di Capua, musicista, la compose in tour, aggiungendo alla base musicale dei versi scarabocchiati su un pezzo di carta da un suo amico, il poeta Giovanni Capurro. Dal connubio fortunato di pianoforte e poesia nacque una canzone che definire celeberrima è davvero poco, nonostante il misero secondo posto conquistato al Festival Musicale di Piedigrotta, un concorso molto popolare a quei tempi. Compositore e autore morirono in completa povertà: li consola oggi lo straordinario successo ottenuto postumo.

O' Sole Mio

O’ Sole Mio

2. Funiculì Funiculà

“Jammo, jammo, ‘ncoppa jammo ja’, jammo, jammo, ‘ncoppa jammo ja’. Funiculí – funiculá, funiculí – funiculá”

La prima tra le canzoni napoletane classiche a fare il giro del mondo. Più che di una canzone si tratta di una vera e propria pubblicità, uno spot commerciale scritto e musicato per celebrare l’apertura della funicolare del Vesuvio. Per costruirla i partenopei impiegarono dieci anni: la cerimonia di inaugurazione fu dunque grandiosa, anche se snobbata dai turisti che, un po’ impauriti dalla novità, continuarono a salire a piedi. Il talento del popolo napoletano partorì allora questa canzone: un modo semplice per avvicinare le persone a quell’insolito artificio tecnologico. Tra i testi delle canzoni napoletane si distingue per immediatezza, tra le melodie per orecchiabilità: il tutto è ispirato all’antica musica popolare. Missione compiuta: la Funicolare cominciò a vendere numerosi biglietti e la canzone vinse il festival di Piedigrotta vendendo 1000 copie. Il motivo divenne talmente tanto famoso da essere citato da Richard Strauss nel suo componimento Aus Italien.

Funiculì Funiculà

Funiculì Funiculà

3. Tu si ‘na cosa grande

“E dillo ‘na vota sola, si pure tu staje tremmanno, dillo ca me vuoi bene comm’io, comm’io, comm’io voglio bene a tte..”

Canzoni napoletane d’amore? Come non pensare subito all’indimenticabile voce di Domenico Modugno che intona quello che è diventato, dal 1964, un vero e proprio inno d’amore in lingua napoletana. Una dichiarazione in musica e in piena regola per una donna che non esprime i suoi sentimenti e cela i suoi veri pensieri in silenzio. Stiamo parlando di una delle canzoni napoletane più amate, un capolavoro nato dall’incontro tra la musica di Modugno e le parole di Gigli. Nel 1964, anno della pubblicazione, la canzone trionfò al Festival di Napoli, grazie all’interpretazione di Modugno e ornella Vanoni. Arrangiamento essenziale e tanta emozione in sala. Poi il brano ha superato i confini nazionali e ha avuto numerosi interpreti, diventando veicolo di un linguaggio unico ed universale, quello dell’amore. 

Tu si ‘na cosa grande

Tu si ‘na cosa grande

4. Tammurriata nera

“Ca tu ‘o chiamme Ciccio o ‘Ntuono, ca tu ‘o chiamme Peppe o Giro, chillo, o fatto, è niro, niro, niro, niro comm’a che!”

Edoardo Nicolardi, un poeta innamorato: questo l’autore di una delle canzoni napoletane più famose di tutti i tempi. Quel poeta divenne direttore di un ospedale e proprio qui una ragazza napoletana e nubile partorì un bimbo con la pelle nera. Uno scandalo per l’epoca: stiamo parlando degli anni ’40! Dopo un po’ di sconcerto generale iniziale, il mistero fu presto risolto: le truppe americane erano arrivate a Napoli nell’ultimo anno della seconda guerra mondiale. Con vivace ironia Nicolardi racconta il multiculturalismo, e quello che ne viene fuori è un ritratto di Napoli durante la guerra, tra carestia, povertà e voglia di pace.

Tammurriata nera

Tammurriata nera

5. Dicitencello vuje

“E’ na passione, cchiù forte ‘e na catena, ca mme turmenta ll’anema e nun mme fa campá!”

Canzoni napoletane e testi d’amore: due elementi inscindibili che trovano la massima espressione in un classico intramontabile, una canzone scritta nel 1930 che riesce ad essere attuale ancora oggi. Una struggente dichiarazione d’amore: un uomo timido e sensibile sembra raccontare il suo folle e intenso sentimento per una donna ad un’altra donna. Solo alla fine della canzone si scopre che la destinataria della dichiarazione è proprio quella confidente. La canzone nacque proprio nel cuore di Napoli, in una passeggiata verso lo storico caffè Gambrinus: due amici Rodolfo Falvo e Enzo Fusco discorrono della passione di quest’ultimo verso una donna e della fatica nell’approcciarsi. Rodolfo, di contro, è un grande sciupafemmine e invita l’amico a mettere nero su bianco i suoi sentimenti. Da quel tavolino, da quel foglio di carta, venne consegnata alla storia un capolavoro, di versi e musica.

Dicitencello vuje

Dicitencello vuje

6. Reginella

“T’aggio vuluto bene a te…Tu m’è vuluto bene a me! Mo nun ‘nce amammo cchiù, ma ‘e vvote tu distrattamente pienze a me!”

Chi è passato almeno una volta nella Galleria Umberto I, ha visto il Salone Margherita, uno dei primi café-chantant di Napoli, dal 1890. Dall’atmosfera ai minimi dettagli, tutto in quel luogo doveva far pensare ai cafè francesi: venivano così reclutate cantanti giovani che provavano ad atteggiarsi e parlare come le cugine d’Oltralpe. Proprio ad una di queste ragazze, una chanteuse, napoletanizzato in “sciantosa”, è dedicata una delle canzoni napoletane belle di cui parliamo oggi, scritta nel 1917 da Libero Bovio. Il testo narra la fine di un amore, che torna a galla quando l’uomo rincontra la giovane ex fidanzata proprio tra le sciantose di Via Toledo. Tanti i ricordi riemersi, troppi per riuscire a trattenere le emozioni.

Reginella

Reginella

7. Carmela

“Si’ ll’ammor è o cuntrario da’ morte e tu o ssaje. Si diman’ è sultanto speranza e tu o ssaje, nun me puo’ fa’ aspettà fin’a dimane”

Scritta dal poeta Salvatore Palomba e portata al successo da Sergio Bruni, uno dei cantanti napoletani famosi più amati, nel 1976, questa struggente dedica si estende da una donna a tutta Napoli. La speranza è che la città intera si rialzi, veda la luce e torni a vivere nell’amore, allontanando la morte sociale di quegli anni. Palomba canta l’amore dei napoletani per Napoli, con versi davvero immortali, rimasti senza eguali fino ad oggi.

Carmela

Carmela

8. Luna Rossa

“E ‘a luna rossa me parla ‘e te, io le domando si aspiette a me e me risponne si ‘o vvuo’ sape’, cca’ nun ce sta nisciuna”

Tra le canzoni classiche napoletane, non può mancare questo successo, presentato per la prima volta alla Festa di Piedigrotta del 1950 al Teatro Augusteo di Napoli. Da motivo sconosciuto a canzone più celebre del dopoguerra. Una delle versioni più famose, è indubbiamente quella di Renato Carosone che narra di un uomo in versione vagabondo notturno, un innamorato che chiede alla crudele e lontana luna di restituirgli il suo amore perduto.

Luna Rossa

Luna Rossa

9. Voce e’ notte

“Nun ghí vicino ê llastre pe’ fá ‘a spia, pecché nun puó’ sbagliá ‘sta voce è ‘a mia…”

Un altro capolavoro del giovane Edoardo Nicolardi, poeta povero ma pieno di talento e soprattutto innamorato della giovane Anna. La ragazza, però, era stata costretta a sposare un uomo ricco di 30 anni più vecchio. Edoardo soffre, si dispera, ma a lei non rinuncia. Ogni sera si reca sotto la casa dei novelli sposi e spera di vederla attraverso la finestra. Da questa disperazione nascono quei versi, così pregni d’amore. Non tutti sanno, però, che tra la giovane e il poeta, ci fu un lieto fine: il marito di Anna si ammalò e morì e i due riuscirono a coronare il loro sogno d’amore. 

Voce e' notte

Voce e’ notte

10. Te voglio bene assaje

“Io te voglio bene assaje…e tu non pienze a me!”

Autori d’eccezione per questa canzone, che trionfò al festival di Piedigrotta. Sacco e Donizetti tirarono fuori dal cilindro una canzoncina che racconta l’amore in modo ironico, come sanno fare i napoletani. Enorme il successo per questo motivetto accattivante dall’anima romantica.

Te voglio bene assaje

Te voglio bene assaje

L’amore struggente e disperato, la gioia per la prima funicolare, l’appello ad una luna impassibile, e quel sentimento forte, più forte della luce di qualsiasi sole. Napoli ha sempre cantato l’amore, in tutte le sue sfaccettature, con passione, lacrime, ironia, lasciando a bocca e orecchie aperte il mondo intero. 

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