“Il segreto di una buona scrittura è dire una cosa vecchia in un modo nuovo o dire una cosa nuova in un modo vecchio.” (Richard Harding Davis)

Nei secoli la lingua italiana ha conosciuto una forte evoluzione, restando però sempre fedele a sé stessa. A contribuire allo sviluppo e alla diffusione della lingua italiana sono stati soprattutto i grandi autori. Poeti e scrittori hanno scomposto e ricomposto i pezzi della lingua italiana per comporre opere immortali, capolavori senza tempo che il mondo intero ci invidia. Nella Settimana della Lingua italiana nel mondo non possono mancare i migliori autori italiani!

I migliori scrittori italiani di sempre

Studiati sui libri di scuola, amati e odiati, ma impossibili da dimenticare. Ognuna di queste grandi penne ha lasciato un segno nella Storia della lingua e della letteratura italiana, vediamo come e perché.

1. Dante Alighieri (1265-1321)

“L’Italiano più italiano che sia stato mai”. Così Cesare Balbo, molti secoli dopo la scomparsa del poeta fiorentino, descrive il Padre della Lingua italiana. Come non aprire la nostra speciale classifica con lo scrittore famoso italiano per eccellenza? Sappiamo che la Commedia fu scritta da Dante nella sua lingua materna, cioè nel dialetto fiorentino, ma in quella che rimane la sua opera più celebre si parla di ‘plurilinguismo’, per la capacità dantesca di usare più lingue (il latino di Cacciaguida, il provenzale di Arnaut Daniel) e più registri linguistici.

Perché padre della lingua italiana? Prima di tutto perché circa il 90% delle parole del moderno vocabolario, come afferma il linguista Tullio De Mauro, è già presente nella Commedia. Poi non possiamo dimenticare il suo contributo all’elevazione del volgare da lingua del popolo a lingua dotta. Nel “De Vulgari Eloquentia”, Dante getta le basi del futuro dell’idioma italiano, quello in cui oggi sembra naturale esprimerci, quello per cui si è combattuto e dibattuto così a lungo. Alloro in testa e naso aquilino, resta lui, il Sommo Poeta, il più grande dei letterati italiani

Dante Alighieri

Dante Alighieri

2. Alessandro Manzoni (1785-1873)

Tra i migliori scrittori italiani, Manzoni è quello che si è indubbiamente prodigato di più per la nascita della lingua italiana. Prima sottopose a lunghissima revisione linguistica il suo romanzo principale “I Promessi Sposi”, poi ricevette l’incarico, nel 1862, di presiedere la Commissione ministeriale per l’unificazione linguistica. Nel 1868, infine, produsse la relazione al Ministero della Pubblica Istruzione “Dell’unità della lingua e dei mezzi di diffonderla”.

Attraverso le pagine del suo romanzo, Manzoni riesce a compiere un vero miracolo linguistico.  L’italiano non esiste e Manzoni desidera fortemente una lingua che potesse superare i particolarismi regionali e diventare uno strumento di comunicazione per tutto il popolo italiano, così la scrive, la mette nero su bianco. Il resto è storia della lingua viva, quella che è riuscita a colmare la frattura tra il volgo e la nobiltà, diventando la lingua dell’Italia unita.

Alessandro Manzoni

Alessandro Manzoni

3. Francesco Petrarca (1304-1374)

La poesia italiana comincia con lui, l’aretino autore de Il Canzoniere. L’amore per la bella Laura viene scritto nel volgare del tempo, seguendo però un ideale di lingua rarefatta ed estremamente ricercata. Nel Cinquecento Petrarca sarà poi indicato dal classicista Pietro Bembo come modello per la lingua poetica divenendo un punto di riferimento imprescindibile per tutti i successivi compositori, anche per gli scrittori italiani contemporanei

Una nuova lingua si diffonde nelle corti d’Europa e grazie alle edizioni in formato ridotto, la lettura diventa più agevole, il libro diventa un oggetto quotidiano. In quegli anni il volgare fiorentino si stacca di dosso l’etichetta di lingua secondaria e diventa veicolo d’arte, di poesia, di quell’eccellenza che farà grande l’Italia nel mondo. 

Francesco Petrarca

Francesco Petrarca

4. Giovanni Boccaccio (1313-1375)

Un faticoso processo, quello dell’unità linguistica in Italia. A possedere la chiave dell’idioma nazionale è sempre stata la comunità degli intellettuali che arrivarono a possedere uno stesso codice scritto, ancora prima dell’intera comunità di parlanti. E proprio un gruppo di letterati, capitanati da Pietro Bembo, nel ‘500, decide di stilare una grammatica perché tutti possano comunicare con regole certe. Giovanni Boccaccio viene scelto come esempio di buona lingua in prosa e il suo Decameron diventa un modello.

La particolarità della lingua di Boccaccio è il perfetto mix tra un registro colto e intellettuale e i modi di dire, le imprecazioni, le espressioni colorite tipiche del popolo. La sua straordinaria capacità di restituire realismo alla prosa è la dote che gli riconoscono tutti, anche gli scrittori contemporanei italiani, che dalle pagine del Decameron hanno tratto infinita ispirazione per storie, racconti e romanzi di incredibile successo.

 

Giovanni Boccaccio

Giovanni Boccaccio

5. Umberto Eco (1932-2016)

“Capire i linguaggi umani, imperfetti e capaci nello stesso tempo di realizzare quella suprema imperfezione che chiamiamo poesia, rappresenta l’unica conclusione di ogni ricerca della perfezione.”. Per uno dei principali scrittori famosi italiani la ricerca della lingua perfetta è stato il motore di una vita intera. All’età di 48 anni Eco fa il suo ingresso nel mondo della narrativa e il suo più grande successo è il libro dal titolo “Il nome della rosa“, tradotto in oltre 47 lingue.

Umberto Eco ci ha fatto notare che la lingua italiana è un patrimonio da conservare, insieme a tutti i preziosi dialetti, che ne costituiscono l’ossatura. L’attenzione va posta ora sull’evoluzione incontrollata di una lingua semplificata, quella delle nuove generazioni, della Tv, degli SMS, del web. Il rischio è che a parlare l’italiano rimangano in pochi. Chi può evitarlo? Gli autori italiani contemporanei, a cui spetta il compito di tenere acceso il sacro fuoco della lingua italiana. 

Umberto Eco

Umberto Eco

6. Luigi Pirandello (1867-1936)

Vincitore di un Premio Nobel e autore-simbolo del teatro italiano, a Pirandello va anche il merito di aver dato vita all’italiano teatrale, la lingua del parlato, lontana dai preziosismi letterari e da formule espressionistiche complicate. Il registro popolare, le espressioni colloquiali, i modi di dire della quotidianità diventano protagonisti sul palcoscenico. L’attenta osservazione e comprensione della psicologia umana ha spinto lo scrittore siciliano ad esprimersi nella lingua degli uomini, delle persone reali. 

Un italiano dell’uso medio, è questa la lingua che emerge dalle sue opere, pietre miliari della letteratura tricolore, ma anche tracce dell’evoluzione dell’italiano attualmente diffuso. Novelle, opere teatrali e romanzo dell’illustre letterato siciliano sono ancora oggi dei capolavori senza tempo.

Luigi Pirandello

Luigi Pirandello

7. Gabriele D’Annunzio (1863- 1938)

Sapevate che tramezzino, Oro Saiwa, automobile, Rinascente, vigili del fuoco e Ornella sono solo alcune delle parole, delle espressioni e dei nomi propri della lingua italiana coniati da Gabriele D’Annunzio? Proprio il Vate è stato protagonista di un’enorme rivisitazione linguistica. Indispensabile il suo apporto all’oratoria politica, alla coniazione di motti e slogan. Un precursore, in ogni senso possibile, uno dei principali scrittori italiani del 900 che aveva una concezione piuttosto aristocratica della lingua italiana, predisposto più alla conservazione della purezza che alla manipolazione. 

Contrario alla manipolazione e all’importazione di forestierismi, D’Annunzio fa da apripista agli autori contemporanei italiani nella ricerca di un proprio stile unico ed esclusivo, riconoscibile tra mille e mille. Il particolare e preciso uso della lingua italiana in un romanzo come “Il Piacere” ha fatto di Gabriele D’Annunzio il mito che tutti conosciamo.

Gabriele D'Annunzio

Gabriele D’Annunzio

8. Giacomo Leopardi (1798-1837)

La più alta espressione della poesia. Il modo più leggiadro, intenso e romantico di giocare con le parole del vocabolario tricolore per formare rime eterne. Lui è Giacomo Leopardi e per molti è il poeta per eccellenza. L’autore dei Canti condivideva il precetto illuministico-romantico secondo il quale la lingua era un organismo vivente soggetto ai movimenti e ai mutamenti della storia. L’autore dell’Infinito soffriva di fronte ai limiti, di qualsiasi sorta, e cercava di superarli sempre, con l’immaginazione. E non ci stava ad ingabbiare la lingua in rigidi parametri.

Per troppo tempo a Leopardi è stata affibbiata l’etichetta di poeta pessimista e malinconico, triste e solitario. I suoi versi, però, veicolano un forte attaccamento alla vita e, in particolare, alla fase della giovinezza, quel Sabato del Villaggio che passa sempre troppo presto e di cui si dovrebbe godere ogni singolo attimo.

Giacomo Leopardi

Giacomo Leopardi

9. Italo Calvino (1923-1985)

L’italiano sta morendo. Questo il monito di uno dei più grandi scrittori italiani moderni. Ogni volta che avvocati e funzionari, gabinetti ministeriali e consigli d’amministrazione, redazioni di giornali e di telegiornali pensano e scrivono in quella che Calvino definisce l’antilingua, composta da paroloni senza alcun significato o dal senso oscuro e sfuggente. L’autore di alcuni tra i migliori libri italiani ha sempre difeso strenuamente la ricchezza dell’italiano letterale, della lingua italiana dell’arte, quella con cui ha giocato costantemente tra le sue pagine.

Prima di lasciare in eredità le sue opere agli italiani, Calvino fece una previsione sul futuro della lingua. Per lui ogni lingua si sarebbe concentrata attorno a due poli: un polo di immediata traducibilità nelle altre lingue e un polo dell’essenza primordiale della lingua, il nucleo intraducibile, identitario. L’italiano, secondo lo scrittore, ha tutte le caratteristiche per contenere entrambe le anime: una lingua agile, dinamica, tesa verso il futuro, ma senza dimenticare il passato. 

Italo Calvino

Italo Calvino

10. Andrea Camilleri (1925-2019)

Potevamo mai terminare il nostro viaggio nella lingua italiana scritta senza citare uno dei migliori scrittori contemporanei? Il maestro Andrea Camilleri ci ha lasciati da poco, ma ha consegnato all’eternità i suoi romanzi e il personaggio immortale del commissario Montalbano. La sua penna cominciò a colorare il foglio quando suo padre gli consigliò di scrivere una storia: “Scrivila così come me l’hai raccontata”. Ed è proprio questo che fece, inaugurando una lunga serie di romanzi in una lingua tutta sua.

Una lingua a metà tra l’italiano e il siciliano che mescola elementi di tradizione e innovazione, un registro formale e informale, un tono serio e ironico. Questo formidabile mix ha fatto guadagnare a Camilleri successo e fama che hanno travalicato i confini nazionali. Impagabile anche il suo contributo alla lingua tricolore: molte delle parole utilizzate dal papà di Montalbano sono diventate famosissime, entrando addirittura nel vocabolario italiano, come scatascio e zirlare.

Andrea Camilleri

Andrea Camilleri

Parole scelte con cura, selezionate tra mille varianti, o tirate giù con impeto, dopo che si sono affacciate alla mente con forza. Scrivere è molto di più del semplice atto di narrare, è un atto d’amore verso la propria lingua. I grandi poeti e scrittori italiani hanno amato la lingua italiana al punto da lasciare un’indelebile traccia del loro passaggio nel vocabolario più ricco del mondo.