Lo chiamano Intangible Cultural Heritage, Patrimonio Immateriale dell’Umanità. Anche l’Italia, terra di monumenti, arte e cultura, compare nella lista dei Siti UNESCO intangibili, quelli insomma che non si toccano, ma che si vivono, vere e proprie esperienze culturali. Tra queste, ci focalizziamo oggi sulle Feste delle grandi macchine a spalla, divenute Patrimonio UNESCO nel 2013. 

Si tratta di vere e proprie processioni cattoliche che prevedono la presenza di strutture da portare a spalla. Sono quattro i principali centri storici in cui si svolgono le manifestazioni più importanti: Nola, con una processione di otto obelischi di legno e cartapesta che commemorano il ritorno di San Paolino; Palmi, dove i portatori trasportano una complessa struttura in onore di Nostra Signora della Sacra Lettera; la Faradda dei Candelieri di legno di Sassari; la Macchina di Santa Rosa a Viterbo.

Il trasporto di queste macchine a spalla prevede una condivisione equa e coordinata dei compiti, una distribuzione equilibrata dei pesi e una collaborazione di tutta la comunità, impegnata in uno sforzo stagionale che non conosce limiti di età, ma solo tanto amore per il proprio paese. Musicisti, cantanti, artigiani, sarti: tutti si impegnano per costruire e rivestire la struttura. Un processo che viene tramandato di generazione in generazione, per rafforzare il senso di identità della comunità. 

Festa dei Gigli di Nola – Campania

Il giugno nolano, l’appuntamento che nessun abitante di questa cittadina campana potrebbe mai mancare. Ogni anno, in onore di San Paolino, la domenica successiva al 22 giugno, si va in processione con queste spettacolari torri di legno e carta pesta. Un momento di devozione profonda e di festa per la comunità. 

L’origine di questa festa pare sia da ricercare in antico racconto tramandato dagli stessi nolani e trascritto da Papa Gregorio Magno. Si narra che dopo la presa di Roma da parte dei Vandali, anche Nola divenne meta di saccheggi e vandalismi. Nel 410 d.C. i Visogoti, guidati dal re Alarico I, entrarono in città, invadendo quel pezzo di territorio campano. Nola fu devastata e gli abitanti deportati in Africa. Tra i prigionieri c’era anche il giovane figlio di una vedova. Disperata, la donna chiese aiuto al vescovo Paolino. L’uomo aveva già venduto tutti i suoi averi per riscattare altri prigionieri, ma non si tirò indietro e pur di salvare quel ragazzo, offrì se stesso in sacrificio. Il re Alarico accettò, prese Paolino come giardiniere e liberò il ragazzo. 

Lo stesso Paolino, un po’ di tempo dopo, predisse al re la sua imminente fine e solo allora gli svelò di essere un vescovo. Venne liberato, insieme a tutti i suoi concittadini, e fece ritorno a Nola su navi cariche di frumento, tra l’entusiasmo dei nolani che riaccolsero Paolino, in un tripudio di fiori, i gigli di Nola appunto, e lo riaccompagnarono alla sede vescovile, con i gonfaloni delle corporazioni delle arti e dei mestieri. Il vescovo che tanto aveva amato la terra dei gigli, al punto tale da offrire la sua vita per il suo popolo, morì il 22 giugno del 431 d.C. 

Da quel momento, ogni anno, si ricorda il sacrificio di San Paolino: già nell’800 la processione in onore del vescovo era caratterizzata dalla presenza di rudimentali costruzioni, 8 torri in legno, alte 25 metri, decorate con carta pesta e dal peso di circa 25 quintali ciascuna. Questi grandi alberi sacrali, i gigli di Nola, sono oggi delle vere e proprie opere ingegneristiche, studiate nei minimi dettagli per uno show spettacolare. Il significato del giglio è duplice: da una parte queste costruzioni sono simboli di fertilità, dall’altra il significato dei gigli è strettamente legato a quello delle antiche corporazioni. 

Si tratta di otto gigli, più una struttura più bassa a forma di barca che simboleggia il ritorno in patria di San Paolino. Gli obelischi di legno, invece, prendono il nome dalle corporazioni arti e mestieri: Ortolano, Salumiere, Bettoliere, Panettiere, Beccaio, Calzolaio, Fabbro e Sarto. Oggi le strutture sono costruite con il sistema della “borda”: un asse centrale a cui sono collegati tutti gli elementi della struttura che diventa così flessibile agli sforzi. I gigli vengono sollevati con delle “varre”, barre di legno manovrate a spalla dai “cullatori”. Circa 120 persone per ogni giglio, la cosiddetta “paranza”, il motore della struttura, che si distingue dalle altre per colore, inno e segno distintivo.

La struttura di ogni giglio viene poi rivestita di cartapesta, decorata con temi religiosi, storici o d’attualità. Il momento più atteso della festa dei gigli è la Ballata, ovvero il percorso a tempo di musica lungo il centro antico della città, tra dislivelli, curve e pendenze.  Si parte da Piazza Duomo e si segue un ordine ben preciso: così i gigli passano per i punti salienti di Nola,  Girata Addù Ciccio ’a caparossa (via S. Felice); Girata For’’e carcere (via Merliano); Passaggio For’’o Salvatore (piazza Calabrese); Passaggio ‘O vico ’e Piciocchi (via Camillo de Notaris).

 
Gigli di Nola

Festa dei Gigli di Nola

La Varia di Palmi – Calabria

Si rende omaggio alla Maria Santissima della Sacra Lettera, in questo comune calabrese. Quando parliamo di Varia di Palmi, parliamo di un enorme carro sacro trainato dai Mbuttaturi (portatori) in numero di 200. Il carro è complessivamente alto 16 metri e comprende le diverse rappresentazioni dell’universo, dell’assunzione in cielo della Vergine Maria oltre alla raffigurazione di personaggi come la Madonna, il Padreterno, gli Apostoli e gli angeli.

La festa della Varia si svolge l’ultima domenica del mese di agosto con cadenza pluriennale in onore della patrona della città. Il Carro si erge ogni anno maestoso sullo sfondo dello Stretto. In origine era chiamato Bara o Vara, una struttura portante dalla forma piramidale, costruito in materiale ligneo. Una coreografia in legno che rappresenta l’Assunzione di Maria in Cielo. La processione è accompagnata da un clima di attesa e pathos e dalla partecipazione di figuranti viventi. 

In cima alla struttura troviamo l’Animella, una bambina palmese scelta per raffigurare la Madonna. La bimba si posizione in cima all’asta, parte culminante del carro, e da lì benedice la folla, tra gli scossoni e i dislivelli del percorso. A reggerla la mano di Dio, ovvero un uomo che la rassicura con presenze e gesti. Il carro è avvolto poi da una nuvola di carta argentata sulla quale siedono altri bambini e bambine, gli angeli del Paradiso. Ai piedi del carro apostoli e portatori, posizionati a piedi nudi lungo le cinque travi della base, il cippu. 

Questi ‘mbuttaturi hanno il difficile compito di sopportare il peso della struttura e trasportarla lungo le strade calabre. Il carro è frutto del lavoro di un valido artigiano palmese, Giuseppe Militano. L’uomo ebbe l’idea di costruire un carro meccanico per dare nuova vita all’importantissima tradizione locale, simile a quella dei Giganti di Palmi. Dopo gli incidenti dell’Ottocento, infatti, il vecchio carro era stato abolito. Ma la Varia Meccanica, simbolo della tradizione secolare calabra, ha rimesso a posto le cose, regalando all’Italia un’ulteriore eccellenza nel campo della cultura.

La Varia di Palmi

La Varia di Palmi

La Faradda dei Candelieri di Sassari – Sardegna

Leggenda narra che in torrido 14 agosto del ‘500 la Madonna Assunta abbia salvato la popolazione di Sassari da una catastrofica epidemia di peste. Quel miracolo viene ricordato ogni anno, il giorno prima di ferragosto, attraverso questa processione di gremi, ovvero grandi ceri in legno, in rappresentanza delle categorie dei mestieri. Non tutti sanno che in realtà questa festa ha origini più toscane che sarde: al tempo delle Repubbliche Marinare, infatti, Sassari si trovava sotto il dominio di Pisa. Furono proprio i pisani ad introdurre la tradizione dell’oblazione dei candeli, un’offerta di cera vergine alla chiesa di Santa Maria di Pisa. 

Dopo la clamorosa sconfitta nella battaglia della Meloria, i pisani lasciarono la Sardegna, ma la tradizione dei ceri rimase. La cera veniva portata in chiesa attraverso una cerimonia solenne, su delle macchine di legno e modellata artisticamente. Negli anni la tradizione de La Faradda di li candareri di Sassari si è evoluta: la cera è stata sostituita da legno, i ceri sono diventato candelieri portati in processione per le vie cittadine. Attualmente i candelieri, o gremi, rappresentanti le corporazioni delle arti e mestieri di Sassari, sono 10: Fabbri, Contadini, Viandanti, Massai, Sarti, Muratori, Viandanti, Piccapietre, Ortolani e Falegnami.

Ci si prepara al mattino, con il rito della vestizione dei candelieri, che avviene nella casa dell’Obriere di Candeliere. Nel pomeriggio ci si raduna nella Piazza Castello, e si parte: destinazione Corso Vittorio Emanuele. La sfilata si muove in modo ordinato e con una sequenza precisa. Presso il Palazzo Civico ci si ferma per il tradizionale brindisi con il Sindaco. Qui la tradizione si incrocia con la politica: se il popolo è d’accordo con l’operato del Sindaco scrosceranno gli applausi, altrimenti il primo cittadino verrà accolto da una pioggia di fischi. Si arriva poi alla chiesa di Santa Maria di Betlem, dove i Candelieri dovranno sciogliere il proprio voto. I Fabbri chiudono la Faradda di Sassari, consegnando il cero all’Assunta, mentre tutti i portatori eseguono i tradizionali 3 giri in onore della Vergine Maria prima della preghiera e benedizione finale, con tanto di bacio tradizionale ai piedi della Vergine, segno di ringraziamento per aver protetto la città. 

La Faradda dei Candelieri di Sassari

La Faradda dei Candelieri di Sassari

Trasporto della macchina di Santa Rosa di Viterbo – Lazio

51 chili di peso, 30 metri di altezza: è la macchina di Santa Rosa, un enorme carro che sfila tutti gli anni nella notte del 3 settembre. Una processione illuminata, che vede il coinvolgimento di cento uomini, chiamati i facchini di Santa Rosa. La struttura è un vero e proprio investimento economico: viene commissionata dal comune di Viterbo ogni cinque anni al miglior costruttore che vince la gara di appalto pubblico. L’appuntamento, per viterbesi e turisti, è alle 21 per ammirare l’imponente Macchina di Santa Rosa a Viterbo, portata a spalla dagli “eroi per un giorno” che dal 1978 si riuniscono sotto il titolo di Cavalieri di S. Rosa. Una torre illuminata da fiaccole e luci elettriche, con una struttura di ferro, legno e cartapesta, oltre all’impiego di metalli leggeri e vetroresina. 

Come tutte le tradizioni popolari italiane, anche quella del trasporto della Macchina di Santa Rosa è legato ad un episodio religioso: il 4 settembre 1258, per volere del papa Alessandro VI, il corpo di S.Rosa venne traslato dalla Chiesa di S. Maria in Poggio al Santuario a lei dedicato. Da quel momento la processione rituale si è ripetuta ogni anno, lungo un percorso di circa un chilometro, tra vie e piazze buie, dove ad essere illuminata è solo l’immagine della Santa. 

Prima di iniziare il trasporto, i facchini vestiti di bianco, simbolo della purezza di spirito di rosso, come i cardinali dell’antica traslazione, si recano in Comune per ricevere i saluti delle autorità e vanno in visita a sette chiese del centro. Poi si ritirano nel convento dei Cappuccini, prima di uscirne capitanati da una banda musicale che intona il loro inno, “Quella sera del 3”, arrivando presso la Chiesa di S. Sisto. Qui ricevono la benedizione del vescovo, la benedizione in articulo mortis. La Macchina attende il suo momento, nascosta, fino alle 21. Durante il tragitto, la Macchina si ferma cinque volte e viene appoggiata su speciali “cavalletti” pesanti 100 chili ciascuno. Il riposo serve ad affrontare l’ultimo tratto, quello in salita: qui si va di corsa, con l’aiuto di corde anteriori e di travi dette “leve” che spingono la Macchina posteriormente. 

Macchina santa rosa

Macchina santa rosa

Devozione e tradizione. Festa e fede. Un momento di coesione importante per le comunità protagoniste. Celebrazioni divenute vere e proprie attrattive turistiche. L’attesa cresce durante l’anno, si preparano le strutture, si assegnano i ruoli. Si lavora fianco a fianco, fino al fatidico giorno. Il rito si ripete, accompagnato da cortei e musiche, vestiti tradizionali e spirito religioso, entusiasmo e creatività.