Dopo un attento restauro ad opera degli archeologi di CoopCulture, riapre finalmente al pubblico la spettacolare domus marina di Publius Annius, ricco esponente di una famiglia di imprenditori dello zolfo nei primi secoli dell’età imperiale. Una villa che fu enorme e opulenta, così come le sue ampie vasche termali e le terrazze che arrivavano fino alla spiaggia, in una delle insenature più belle della Sicilia, a pochi passi da Agrigento e dalla Scala dei Turchi

Mosaici e terme vista mare: la spettacolare domus marina a pochi passi da Agrigento

Nota per le rovine dell’antica città di Akragas – che il poeta greco Pindaro definì come “Città la più bella fra quante son albergo per gli uomini”  – e per la Valle dei Templi, Agrigento accoglie un altro prezioso gioiello dell’età imperiale: la lussuosa villa di Publius Annius, frutto di una scoperta casuale avvenuta nel 1907 durante gli scavi per la ferrovia che doveva collegare Porto Empedocle a Siculiana. Una scoperta che fece così tanto scalpore da spostare il tracciato ferroviario. Gli scavi, però, si fermarono presto, riprendendo solo tra il 1979 e il 1983. 

Dopo quell’epoca seguirono anni di degrado, fino ad arrivare agli interventi dei primi del duemila e ai restauri odierni, che hanno messo in  sicurezza l’area facendo risplendere tutto ciò che ne resta. Due sono gli impianti di vasche termali, uno per le donne e uno per gli uomini, secondo i dettami dell’epoca antoniniana. Gli spogliatoi sono impreziositi da incredibili mosaici romani: da una parte vi è un Nettuno coloratissimo, in piedi sopra un ippocampo con il braccio teso che impugna il tridente, mentre sotto di lui si rincorrono dei delfini; dall’altra parte vi è Scilla tutta in rosa che brandisce un timone con le braccia alzate, circondata da oscuri mostri marini. 

Quella di Publius Annius è una parabola tanto affascinante quanto breve, siccome la ricca dimora, costruita nella prima metà del II secolo dopo Cristo, era probabilmente in disuso già nel secolo successivo. Il padrone di casa era l’esponente della seconda generazione di una famiglia di concessionari di miniere di zolfo, il minerale che aveva reso ricca l’antica cittadina mercantile di Agrigento.